La “Generazione né-né” e i Finlandesi

Tn_002810Marisa Moles riprende con uno suo post, al quale rimando per una completa lettura, il tema della scuola e, indirettamente, alcune delle mie cosiderazioni sui giovani d’oggi nel post “e io, invece, ai ragazzi dico: Bravi!”.

Affronta, in particolare, il tema della “generazione né-né”, confronta la nostra scuola con quella Finlandese, e conclude auspicando “DOCENTI MEGLIO PAGATI E PIÙ EFFICIENTI
STUDENTI MEGLIO SEGUITI E PIÙ COMPETENTI”

Mi permetto qualche commento e qualche domanda.

I) La generazione Né-né

Il termine è stato coniato per tutta la fascia di giovani dai 15 ai 35 anni e leggo, dal Corriere, i dati del Rapporto Giovani 2008, elaborati dal Dipartimento di Studi sociali, economici, attuariali e demografici della Sapienza di Roma

Nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni ci sono 270.000 ragazzi che non studiano e non lavorano (il 9%): la maggior parte perché un lavoro non lo trova; 50.000 perché della loro inattività ne fanno una vera e propria scelta

Questi dati sono ancor più gravi per i giovani dai 25 ai 35 anni: 1.900.000 non studiano e non lavorano. Vale a dire: quasi uno su quattro (il 25%). Di questi 1.200.000 gravitano nella disoccupazione e 700.000 sono invece gli «inattivi convinti, quelli cioè che non cercano un lavoro e non sono disposti a cercarlo.

Mi pare dunque che più passa il tempo e più la situazione si aggravi: i 50.000 “né-né” tra i 15 e i 19 anni, fatte le debite proporzioni, dovrebbero diventare 100.000 tra i 25 e i 35 anni e, invece salgono a 700.000!! Del pari il totale di 270.000 dovrebbe diventare 550.000, non 1.900.000.

Per completare il quadro teniamo presente che, secondo le rilevazioni Istat, nel quarto trimestre 2008 il numero di occupati era di 23.349.000 unità segnalando ancora una piccola crescita su base annua: +0,1 per cento, pari a 24.000 unità, con una dinamica ancora positiva nel Nord e nel Centro, dove èstato determinante il contributo fornito dai lavoratori stranieri, e fortemente negativa nel Mezzogiorno con una discesa tendenziale dell’1,9 per cento, pari a -126.000 unità.

Che dire? Due considerazioni:

La prima: I giovani né-né che potrebbero ancora andare a scuola e non ci vanno sono, di fatto, molti meno dei giovani né-né di età superiore.

La seconda A che servirebbe se ci andassero quando la maggior scolarità parrebbe creare solo delle aspettative che il sistema Paese non assorbe?

I) La qualità dei programmi. Paragoniamoci con la Finlandia.

Leggendo Panorama vedo che Il Programme for International Students Assessment (Pisa), promosso dall’Ocse in 41 paesi, ha sottoposto 250.000 studenti ad un test fatto apposta per misurare il livello di preparazione degli alunni della scuola dell’obbligo: per la seconda volta hanno trionfato i giovani finnici. Gli italiani si sono piazzati mestamente al 26esimo posto.

Domanda: Nonostante i voti alti delle maturità non è che la nostra scuola sia ferma ad un tipo di istruzione che è ormai fuori dal mondo?

Leggo ancora:
L’accesso al liceo, facoltativo, ma sempre a spese dello stato, avviene a 16 anni e dura altri tre anni che si concludono con un esame simile alla nostra maturità.
«La forza della nostra scuola è che è gratuita, paritaria, flessibile… e inflessibile» spiega Heikki Kotilainen, insegnante di lingue alla Lauttasaaren Ytheiskoulu, istituto dotato di sauna e piscina. «Dai 13 ai 16 anni i ragazzi seguono tante materie obbligatorie, ma hanno anche tante opzioni facoltative: musica, arti visuali, danza, attività manuali». I ragazzini a scuola insomma si divertono.anche se tendono ad aumentare le materie obbligatorie: «meglio darci dentro con le materie scientifiche, la vera scommessa del futuro». La matematica rimane al centro della scena e basta seguire una lezione per rendersene conto.Spiega Kimmo Jorasmaa, professore di matematica e fisica da più di vent’anni. «Io in classe faccio dei veri show, coinvolgo i ragazzi, voglio che capiscano davvero l’utilità quotidiana, reale, del calcolo matematico».
Aule con i computer collegati a internet, videoproiettori e schermi televisivi in ogni classe, biblioteche ed emeroteche, giochi educativi per imparare la geografia o la matematica, laboratori per lavorare il legno, i tessuti o la ceramica, stirerie e cucine perfettamente attrezzate per imparare l’economia domestica e aule di musica con tanto di sintetizzatore elettronico, basso, batteria, microfoni e poster dei Beatles.

Domanda: e da noi?

II) La qualità degii insegnanti.

Leggo che In Finlandia intraprendono la carriera dell’insegnamento i neolaureati, evidentemente di questa eccellente scuola finlandese che tanto apprezziamo, dopo un ulteriore master di pedagogia

Domanda: da che scuola provengono i nostri insegnanti?

III) Retribuzioni e carichi di lavoro

Leggo: Lo stipendio base di un neolaureato è di circa 2.500 euro mensili lordi (con una tassazione intorno al 23 per cento – 1.900 netti, dunque) per un totale di 37 ore settimanali di insegnamento. Ogni due anni il contratto nazionale prevede degli scatti di aumento e, per esempio, chi supera i dieci anni di anzianità, o arriva a fare il preside, può raggiungere i 4.500 euro lordi mensili, con una tassazione maggiore in quanto in Finlandia le imposte sono progressive rispetto al reddito (diciamo 2.800 netti?) Ogni ora in più passata in classe viene pagata a parte. Ogni anno sono previste 13 settimane di vacanza.

Aggiungo: In Italia un “quadro Fiat”, tanto per non far nomi ( e, attenzione, non ancora un dirigente ma uno di quelli che già hanno la responsabilità di condurre un ufficio) non arriva a 2.000 euro netti al mese e lavora 10-11 ore al giorno più molti sabati e qualche festività. Diciamo mediamente 55-60 ore settimanali e ha 6-7 settimane di vacanza, Natale e Pasqua compresi, delle quali, spesso, non riesce a usufruire.

Considero, infine, che gli insegnanti seri che alle 18 ore contrattuali in classe ne aggiungono altre 18-20 a casa non mi risulta che siano la maggioranza.

E provocatoriamente mi domando:
– Gli insegnanti Finladesi a casa non fanno nulla?
– Se anche gli insegnanti italiani facessero 37 ore settimanali di insegnamento, non ne basterebbero più o meno la metà e non potrebbero essere quindi pagati il doppio? Già ! E degli altri che ne facciamo?

IV) Concludo

Davvero “docenti meglio pagati” (cosa che peraltro auspico per chi se lo merita) significherebbe “studenti più preparati”?

Mi sembra che la strada sia moooooooooooooolto più lunga.

Buone Vacanze a tutti, studenti ed insegnanti !!!

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