A commento di un altro mio post, ricevo questo intervento di un’amica, al quale credo di dover dare adeguao spazio, Lo trascrivo.
Caro Franz, c’era un tempo che anche qui in Alto Adige arrivava gente dal sud ad occupare posti di lavoro. Eravamo abituati che negli uffici pubblici i nostri interlocutori fossero napoletani, siciliani, calabresi.
I politici che governavano questa regione mal digerivano questa situazione e, dopo la ratifica del patto De Gasperi Gruber , nel 1972 si andò oltre. I rappresentanti del gruppo etnico tedesco che governano questa provincia, vollero competenze che nessuna minoranza etnica può vantare in uno stato libero.
Dopo i vari ricorsi e controricorsi al tribunale dell’Aia, al gruppo etnico tedesco venne concesso il cosiddetto”pacchetto”. Un insieme di norme a tutela della popolazione di madrelingua tedesca. In primis la dichiarazione etnica a cui tutti i cittadini si devono sottoporre ogni 10 anni. Questa per accedere ai posti di lavoro e anche all’assegnazione degli alloggi popolari. Secondo la “proporzionale ” ovvero i posti di lavoro e le abitazioni vengono assegnati in proporzione agli eletti in consiglio provinciale. Poiché nella provincia il gruppo etnico tedesco raggiunge l’80% della popolazione i giochi sono presto fatti.
Faccio un esempio: mia figlia fatto un concorso per ricoprire il posto pubblico. Ebbene su 10 posti , 9 erano riservati al gruppo di madrelingua tedesca e 1 solo al gruppo di madrelingua italiana. Questo indipendentemente dalle capacità degli esaminandi. Se i partecipanti di madrelingua tedesca non riescono a superare l’esame non è automatico che il posto spetti al concorrente di madrelingua italiana. Deve essere convocata la commissione dei sei o dei dodici non so bene, la quale valuterà caso per caso. Di solito i concorrenti di madrelingua tedesca non ambiscono i posti nell’amministrazione pubblica e quindi può verificarsi il caso , come per mia figlia, che vengano assunti candidati di madrelingua italiana laddove quelli di madrelingua tedesca rinuncino.
Negli anni 50 dunque si cercava di italianizzare questa terra con trasferimenti di professori italiani che giungevano da ogni dove. Tutto questo è finito. Giorno dopo giorno la classe politica tedesca ha eroso il potere alla classe politica italiana.
Qui avevamo in genere 3 senatori che ogni tanto andavano a Roma a batter cassa. L’instabilità dei governi negli ultimi decenni, si trovava spesso nella necessità di mendicare voti. I cappelli piumati ottenevano tutto purchè si impegnassero a sostenere il governo. Qui sono arrivati soldi a palate ma la classe politica non era lo stesso tenera verso il governo. Anzi. Avendone capite le debolezze, ogni giorno avanzavano una proposta nuova. E noi “sissignore” sempre pronti a cedere. Un giorno volevano la Rai, un giorno volevano i fiumi e i torrenti, un giorno volevano la scuola e piano piano si sono presi tutto, non ci hanno lasciato nemmeno il rispetto.
Io, mi spiace dirlo, non vado a votare alle provinciali. A che serve. Qualsiasi partito si voti, loro scelgono il partner di giunta che più gli aggrada indipendentemente dai voti che questo partito ha preso. Allora a che pro andare a votare? Qui fanno, il gruppo di madrelingua tedesca, il bello e il cattivo tempo. Si alzano un giorno e decidono di cambiare i nomi delle vie e di metterli tutti in tedesco non ottemperando a precise disposizioni di legge. Interviene il commissariato e dice di ripristinare anche la lingua italiana.
Ma intanto il danno è fatto. Ci hanno provato. Oggi tolgono i cartelli tedeschi, domani li rimettono e avanti così, in spregio alla nostra Repubblica che qui manda una montagna di soldi. Nel corso della campagna elettorale di qualche anno fa, il gruppo estremo quello rappresentato dalla Eva Klotz, ha affisso per le strade un manifesto con disegnato un gabinetto dove la carta era la bandiera italiana. Gli italiani scandalizzati hanno rumorosamente protestato ma i nostri rappresentanti politici si appellavano alla”pacifica convivenza”.
Poi è stata la volta che presso un museo (non ricordo quale ) è stato commissionato un lavoro a due artiste milanesi , certe Chiara e .. – non ricordo- le quali a titolo artistico hanno messo il nostro Inno nazionale a mò di sciacquone del water. Ogni qualvolta si apriva la porta di questo museo, scrosciava l’acqua dello scqiacuone al suono dell’Inno. I nostri politici a minimizzare, che sarebbero da prendere a calcioni nel sedere. “Artistico” lo definivano. L’arte si prende così come è. L’arte non va censurata…… Ma andate al diavolo ….. ruffiani!
Qui nessuno sfila con la fascia tricolore . Al massimo il collare che non è cosi visibile! Qui niente parla dell’Italia. Prima la lingua tedesca, anche nei documenti ufficiali, poi quella italiana. A scuola, sugli autobus, all’ospedale. Anche i nostri documenti sono di colore diverso. Mai e poi mai con quei fascisti di Italiani dicono. E perché loro che cosa erano?
Nazisti. Noi dobbiamo espiare i torti che abbiamo loro fatti subire. Ah si, e loro che hanno sterminato gli innocenti, rinchiusi nei campi di concentramento ?. E poi ci dicono: di che vi lamentate? State bene. In effetti è cosi. Che governi la destra, che governi la sinistra, che governi il bianco o il nero per noi non cambia nulla. Stiamo bene. Tutto è in ordine, lindo e pulito ma in noi ogni passione politica è spenta. Il 25 aprile qui tutti lavorano. Non è la festa della liberazione.
In municipio a Bolzano il vicesindaco tedesco è arrivato a dire che la liberazione per loro è l’8 settembre.
Che volete che rappresenti qui il 2 giugno? D’altro canto diciamocelo: se costruisci sull’argilla , prima o poi la casa crolla.
Io comunque adoro il nostro Inno Nazionale. Quando lo sento mi si accappona la pelle.
Voi neppure immaginate come qui gli italiani, amministrati da tedeschi, amino l’Italia!
Bella o brutta che sia, è casa mia. A tutti i miei connazionali, il più cordiale saluto.
Vincenzo says:
giugno 4, 2010 alle 6:47 am
Cara Paola,
mi sono emozionato leggendo il tuo scritto.
Il fascismo aveva imposto la lingua italiana mortificando la cultura degli alto atesini ed è stata non solo un’infamia, ma anche politicamente una cosa stupida!
Generare “martiri” significa dare la stura ad una resistenza che non finirà mai!
Ora, come scrivi tu, la popolazione di lingua tedesca ha preso il sopravvento e si vendica contro quegli italiani vessandoli come “stranieri in Patria”.
Grazie per avere fatto conoscere a noi questa realtà così penosa.
Durante il mio periodo di servizio militare (ero ufficiale in artiglieria da montagna) fummo inviati in missione di “ordine pubblico” a presidiare l’Alto Adige, (val Pusteria).
Infatti nel 1960, vi furono molti attentati contro opere pubbliche ed io ricordo la rabbia e la pena di dovere “difendere” in Italia tralicci, dighe e quant’altro potesse costituire obbiettivo “sensibile” da parte di finti italiani la cui volontà secessionista si placò per incanto grazie ai grandi vantaggi economici che il rimanere italiani avrebbe costituito rispetto all’ auspicato ricongiungimento con l’Austria …. Quando si parla di idealismo …….
Il risultato è quello che tu hai descritto così bene parlando della attuale situazione ed è mortificante per gli abitanti di madre lingua italiana.
Sapessi la rabbia…..
In quanto al servizio militare obbligatorio sono perfettamente d’accordo con te.
Mazzini sosteneva che l’esercito doveva essere un esercito di popolo per una serie di motivi, non ultimo quello di un maggior controllo da parte dei cittadini rispetto a “deviazioni” sempre possibili. Ma…tant’è.
Un caro saluto da Vincenzo
Sono nata a Trieste, terra di confine, in cui Italiani e Sloveni, che costituiscono a tutti gli effetti una minoranza, hanno sempre convissuto in maniera difficile.
La mia regione, il Friuli – Venezia Giulia, non è che è un piccolo tassello di quel mosaico che è l’Europa Unita e che secondo me è unita solo a parole. Siamo ancora molto lontani dal sentirci cittadini europei, visto che non sappiamo convivere con gli “stranieri” senza rinunciare ai pregiudizi e preconcetti. In realtà non sappiamo nemmeno convivere con gli Italiani che parlano una lingua diversa: lo sloveno. La terra giuliana, quella terra al confine con la Slovenia, una terra che si è assottigliata a causa di una politica incomprensibile ai più e che per lungo tempo è stata in lotta con l’ “usurpatore”, una terra bilingue dove però per anni all’idioma sloveno non è stata concessa pari dignità rispetto alla lingua italiana, una terra aperta all’Europa in cui da decenni si parla di “mitteleuropa”, molto prima che il termine fosse utilizzato con la frequenza in uso ora, una terra dove per molti decenni la convivenza è stata difficile, l’integrazione quasi nulla – gli italiani alle scuole italiane, gli sloveni in quelle con lingua d’insegnamento slovena- e lo scambio culturale inesistente.
Da quasi venticinque anni vivo a Udine e credo e spero che le cose a Trieste siano cambiate, ma se questa apertura è stata possibile, allora ritengo che l’incomunicabilità sia superata e l’arricchimento culturale frutto dell’interscambio sia una realtà e non solo un’utopia. Lo spero sinceramente, anche perché ho dovuto provare in prima persona cosa significhi essere considerati diversi: io triestina in terra friulana … Italiana a tutti gli effetti, non europea o extracomunitaria, ho dovuto “nascondere” a lungo la mia origine per allontanare i pregiudizi e i preconcetti. Sembra paradossale, ma è vero. Altro che scambio culturale! Ora le cose sono cambiate ma confesso che ancor oggi sento su di me lo sguardo sospettoso di chi, per ignoranza, non ha saputo o voluto rinunciare all’atteggiamento discriminante nei confronti dei giuliani migrati in terra friulana.
Mi rendo conto che la situazione nel Trentino – Alto Adige è molto diversa e, da come la descrive Paola, la convivenza tra i due gruppi etnici assai complicata. Là le ingiustizie paiono non ancora superate e le vittime non sono gli appartenenti alla minoranza linguistica, bensì gli Italiani stessi. Speravo che anche là le cose fossero cambiate. Ricordo quando, una trentina d’anni, fa ho trascorso le vacanze pasquali in Alto Adige: alla fine della Messa, tutta parlata in tedesco, l’officiante si è rivolto, in uno stentato italiano, ai turisti con queste parole: “ai turisti di lingua italiana auguro buona Pasqua”. Eravamo in Italia e ci trattava da turisti in terra straniera. Il colmo! Io non capivo e, sinceramente, non capisco nemmeno ora perché una minoranza linguistica debba avere certe prerogative.
Cara Marisa, è la politica che rende tutto difficile. Le persone semplici spesso sono molto al di sopra dei loro governanti e negli approcci quotidiani tra i gruppi si sta lentamente raggiungendo una vivibile coabitazione. Grazie per la tua bella testimonianza e affettuosità Paola