E parliamo di intercettazioni.
Che esita il problema di una regolamentazione, credo che lo riconoscano tutti.
Attualmente è in corso di discussione una legge che è stata oggetto di feroci critiche che toccano soprattutto due aspetti:
– da un lato i limiti previsti per la durata delle intercettazioni e le relative modalità di autorizzazione e proroghe.
– dall’altro i limiti alla “libertà di informare”, che viene ancor meglio venduta come “il diritto del cittadino ad essere informato”.
Sul primo punto penso che lo strumento sia indispensabile. Ne ha bisogno chi si sforza di indagare proteggerci e innegabili sono stati i risultati ottenuti in questi anni. Penso quindi che non siano accettabili limiti all’uso di questo strumento.
Forse, e sottolineo “forse”, solo un controllo dei costi. Non si può spendere all’infinito per reati di poco conto; non si può spendere all’infinito per perseguire un reato che magari potrebbe dar particolare lustro alla Procura se si va a discapito di altri più gravi. Potrebbe essere utile un budget annuale per capitoli di spesa del quale le diverse Procure dovrebbero render conto e dal quale potrebbero, se del caso, anche sforare qualora emergano casi di particolare gravità dimostrabili a consuntivo. Tutto questo solo per evitare impreevisti buchi di bilancio, dell’ordine di quelli di certe Regioni in materia di Sanità.
Qui sorvolo su un paio di domande che mi verrebbero spontanee:
– come mai le intercettazioni che riguardano un particolare colore politico sono in così stragrande maggioranza? Forse vorrebbero farci credere che gli altri sono tutti santi?
– e che ne facciamo delle forze dell’ordine che un tempo svolgevano personalmente le indagini e che ora, con l’utilizzo del nuovo strumento, non servono più.
Ma questi sono altri films.
Sul secondo punto il problema mi pare che sia difficile trovare un necessario punto d’equilibrio tra diritto all’informazione e diritto di ognuno di essere giudicato colpevole da regolari processi e non da processi mediatici.
La stampa strepita contro il “bavaglio” e ne ha ben d’onde, perche da un lato si vede cancellare o fortemente ridurre una fonte di notizie fondamentale per la vendita dei giornali e dall’altro si vede negare lo strumento della pressione politica che è certamente quello che più sta a cuore a molti.
Ma, premesso che le fughe di notizie sono comunque inaccettabili e che i responsabili devono essere giustamente puniti, la stampa una gran parte di ragione ce l’ha: il diritto di informare è sacrosanto.
Correttezza vorrebbe che fosse sempre precisato che le informazioni fornite sono quelle basate sugli atti dell’accusa e che ci si dotasse di un codice etico sulla falsariga, ad esempio di quello della stampa tedesca, che stabilisca, che il principio della presunzione di innocenza degli accusati deve valere anche nell’informazione giornalistica e che si deve distinguere chiaramente tra sospetti e prove di colpevolezza, senza mettere mai nessuno alla gogna.
Ma questo forse è chieder troppo.
E allora lasciamo pure che la nostra stampa si comporti come meglio crede, ma quando sbaglia PAGHI e risponda del danno per aver trasformato la vita di qualcuno in una sorta di carcere a cielo aperto facendolo apparire come quel mostro che poi se l’è cavata grazie agli avvocati.
Leggo, a questo proposito, questo articolo Tempeste imperfette, di Riccardo Barenghi per La Stampa (LINK)
Tratta delle cosiddette tempeste mediatiche che hanno colpito alcuni personaggi pubblici di destra e sinistra, nel recente passato e dice:
«Ora, nessuno qui pensa che noi giornalisti non abbiamo commesso errori, esagerazioni, a volte prendendo anche topiche colossali, sbattendo qualche mostro in prima pagina per poi scoprire che mostro non era. E questo vale anche per i politici ma soprattutto per i poveri disgraziati, magari accusati di reati comuni e poi risultati innocenti. Quelli insomma che non hanno le barche o almeno le scialuppe adatte per salvarsi dalle tempeste.
Gli altri invece, gli uomini o le donne che esercitano in qualche forma il potere, hanno tutte le armi in mano per reagire, possono scrivere ai giornali, concedere interviste, dichiarare pubblicamente la loro innocenza. E infatti usano queste armi con una certa frequenza. Ma soprattutto possono, anzi dovrebbero, dimostrare la loro estraneità nelle sedi proprie, ossia quelle giudiziarie. Basti pensare a come si è difeso Andreotti dalle accuse di mafia.»
Già ma mi domando perché gli uni abbiano dovuto subire senza potersi difendere e perché gli altri debbano essere messi nella scomoda e costosa condizione di difendersi da colpe che non hanno.
E’ come dire: se ne ammazziamo qualcuno pazienza, è parte del sistema, e se qualcun altro diventa per qualche tempo un mostro che colpa ne abbiamo? Tanto i soldi per difendersi ce li ha.
No. Non ci sto.
Nessuno ha licenza di uccidere. Tanto meno la stampa. E se delle proprie armi, in questo caso dell’informazione, ne fa un uso scorretto, se ne assuma la responsabilità e paghi.
Ma paghi salato e non con i sistemi a babbo morto delle querele e contro querele. Con sistemi rapidi che consentano di risarcire le vittime in tempi brevi.
Questo è quel che dovrebbe prevedere la legge.
Caro Frz,
In linea di massima concordo col tuo pensiero.
Quando un cittadino fosse sotto inchiesta sarei addirittura feroce verso qualsiasi pubblicazione riguardante tutto il materiale raccolto dagli organismi inquirenti.
Proibirei ogni tipo di pubblicazione e/0 indiscrezione sia nella fase inquirente che in quella processuale.
I mezzi di informazione dovrebbero limitarsi a fare la cronaca degli eventi con tutto il diritto di commento, ci mancherebbe, ma attenendosi solamente ai fatti.
Le così dette “fughe” di notizie non possono che pervenire o dalle Cancellerie o dalle forze inquirenti e si sa perchè alcuni funzionari lo fanno …. vile denaro … una certa responsabilità sarebbe anche da attribuire a certi magistrati alla ricerca di facili “riflettori” pubblicitari.
Così iniziano i processi “mediatici” e capita che chi, in attesa di giudizio o sotto inchiesta, venga informato, attraverso i mezzi di informazione, di eventuali prove in possesso del Magistrato.
Altro gravissimo danno collaterale e di cui giustamente hai scritto, è la possibile diffusione di notizie o conclusioni errate che possono distruggere per sempre l’onorabilità di un innocente.
Mi risulta che in inghilterra tutto ciò non accada proprio per il bavaglio a questo tipo di informazioni … fino alla sentenza.
E non si può certo negare che gli inglesi vivano in una Nazione dove i diritti del cittadino siano considerati sacrosanti.
Salto tutti
Vincenzo
Posso aggiungerti che in Inghilterra l’intercettazione di per sé non costituisce elemento di prova e che negli USA le pene per le fughe di notizie, siano esse opera di magistrati o di chiunque altro, sono punite con pene severissime.
Se vuoi dare uno sguardo a come si deve comportare la stampa nei vari Paesi, questa è una nota breve del Servizio Studi del Senato LINK
Qui da noi, se proibiamo ai mezzi d’informazione ogni tipo di pubblicazione e/0 indiscrezione sia nella fase inquirente che in quella processuale li mandiamo tutti in fallimento (già lo sono e li manteniamo coi i contributi dello Stato). Gridano al bavaglio ma se ne fregano di lasciar per strada tanti cadaveri.