In altro post sono stato accusato di “sberleffo al coraggio” per aver attribuito a Roberto Saviano gli appellativi di‘Sommo Narratore’, ‘Sommo Predicatore’ o più semplicemente di ‘don Roberto’.Sono anche stato in parte frainteso pensando che quel ‘don’ volesse individuarlo come “persona di rispetto”.Non è così. Con quegli appellativi volevo semplicemente richiamare il clima liturgico che aleggia in quel di “Vieni via con me”.
Molto meglio di me descrive questo clima Aldo Grasso sul Corriere del 24 novembre, che vi propongo (questo in ogni caso il link):
“«Vieni via con me»: un po’ come a messa”
“Non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica”
“[..]«Vieni via con me» non è un format, è un calco. Di una cerimonia religiosa, di una messa, di una funzione liturgica. La proposta degli elenchi, di ogni tipo, su ogni argomento, assomiglia molto alle litanie: più che alla vertigine della lista, lo spettatore cede volentieri al fascino della supplica accorata, alla devozione popolare, alla lamentazione come unica fonte di speranza e di conforto, al mantra. Volete una prova? A ogni voce degli elenchi provate ad aggiungere un ora pro nobis. L’officiante è facile individuarlo: ne ha tutti i modi, i comportamenti, spesso le affettazioni; è Fabio Fazio. Che ha una capacità straordinaria, tipica di alcuni celebranti: quella di trasferire sui suoi numerosi fedeli quell’aura di senso di colpa che gli trasfigura il volto. La doglianza gli dà potere, mostrarsi vulnerabile (i ricchi contratti non gli impediscono di piangere sempre miseria) è la sua garanzia di invincibilità, tra un Alleluia e una Via Crucis.”
“E poi c’è lui, la vittima sacrificale, il Cristo in croce. Se Roberto Saviano si mettesse una parrucca assomiglierebbe in maniera impressionante al Cristo di Pasolini. È una reincarnazione cinematografica. I suoi interventi (le sue parabole) sono incontrovertibili perché, segretamente, iniziano con una premessa: «In verità, in verità vi dico». Per non parlare di tutti i chierichetti che hanno preso parte al rito. Ok, andate in pace, la messa non è finita.”
Il pezzo di Aldo Grasso ha, ovviamente, attirato i commenti di molti lettori, 432 per la precisione, commenti che trovate col link che sopra ho citato. Molti a favore e molti contro. Ne cito due per tutti: “Complimenti per l’analisi del programma. Approvo in pieno la similitudine. E’ proprio vero i due “sacerdoti” si sentono i custodi di tutte le Verità del mondo” e “Preferisco questa messa perché parla di argomenti che interessano tutti e ne sa parlare, perché lui vuole che ogni singola persona che lo ascolta lo capisca. Una boccata d’aria fresca caro signor Grasso”.
Ora, ognuno è libero di respirare l’aria fresca della funzione liturgica che meglio crede, purché sia chiaro che di “messa” si tratta con abbondante spargimento di incenso, tutto di un stesso odore e colore.
Ecco perché non riesco proprio a guardarlo, il programma: sono allergica all’incenso! 🙂
Che fortunaaaaaaaaaaaaaaa !!!
Se Messa deve essere, sia allora celebrata per intero: c’è nella prima parte (nei riti di introduzione) che si recita l’atto penitenziale al quale si risponde “Kyrie, eléison” (chiedo perdono)… nella messa di “vieni via con me” mi pare che venga saltato….
eli
In quella chiesa lì non si pente mai nessuno. 😦