La scuola ha la febbre? Buttiamo via il termometro!

E questo è il terzo post sulla scuola, come avevo promesso:

–        I test Pisa-Invalsi: le competenze dei nostri quindicenni a confronto (link)
–        Perché le femmine vanno meglio a scuola (link)
–        La scuola ha la febbre? Buttiamo via il termometro

Ho più volte trattato su questo blog dei test PISA e/o INVALSI, utilizzati nelle nostre scuole, per ora in modo abbastanza estemporaneo, nonché della loro utilità come strumento di confronto nel tempo e  tra realtà scolastiche diverse.

Da ultimo, nel primo dei tre post che costituiscono il trittico di queste mie riflessioni sulla scuola, ho messo in evidenza i principali indicatori, che vedono uscire piuttosto male la nostra scuola nei confronti internazionali, e ancor peggio certe nostre realtà territoriali.

Che cosa mi sarei aspettato? Una reazione tesa a capire dove intervenire per ridurre i gap e far migliorare i risultati che, ad esempio, dicono:

-Che la nostra scuola è lontana dalle performaces di molte realtà internazionali, sia in Europa, che nei Paesi asiatici, che in Canada

– Che in certe aree, del Nord in particolare, i risultati sono di buon livello Europeo, mentre in certe altre zone ne sono disastrosi.

– Che le competenze in lettura degli studenti Italiani sono mediamente più vicine a quelle degli studenti europei, ma che sono influenzate negativamente dalla presenza di immigrati.

– Che le competenze in matematica dei nostri studenti sono largamente inferiori rispetto a quelle degli studenti degli altri Paesi Europei e lontanissime da quelle degli asiatici.

– Che le competenze dei ragazzi iscritti ai licei classici e scientifici sono di gran lunga superiori a quelle degli iscritti a Istituti tecnici e professionali.

E’ una diagnosi sbagliata? Certamente no. Avrà forse delle imprecisioni, sarà da perfezionare e rodare meglio, sarà  da interpretare e correggere, ma non varrebbe forse la pena utilizzarle per verificare dove intervenire e con quali strumenti? Magari anche premiando le aree di eccellenza e prendendo seri provvedimenti per quelle di carenza?

Invece no. Insorgono i Cobas della scuola e contestano il metodo, quello dei test, e sentite cosa dicono:

• i test sono uno strumento solo apparentemente oggettivo (se decontestualizzati non possono che rilevare parzialità inficianti);
• veicolano una cultura frantumata e nozionistica (tutto il contrario di quanto si è andato affermando nella scuola: approfondimento, collaborazione, progettazione, verifiche mirate e articolate);
• provocano ansia e agevolano solo alcuni, tagliando fuori i più abituati a contestualizzare, chiarire e approfondire;
• non tengono conto delle varie e diverse intelligenze;
• risultano avulsi rispetto alle progettazioni interne alle varie scuole (il modello uguale per tutto il territorio nazionale non può prevedere percorsi particolari);
• sono del tutto estranei alla nostra cultura e vengono, senza alcuna mediazione né contesto, importati dai paesi anglosassoni (che stanno cercando di liberarsene) e implementati forzosamente;
• diventano motivo discriminante tra classi e insegnanti;
• rischiano di fornire un quadro distorto della realtà “scuola”, nel momento in cui vanno ad influire sulla carriera e sulla dignità professionale degli insegnanti e mirano a valutare il merito degli studenti;
• il sistema nazionale di valutazione spinge a standardizzare l’insegnamento, uniformando le scelte didattiche alle richieste dei test, senza più tener conto delle caratteristiche del territorio, delle singole classi e dei singoli alunni, riducendo drasticamente il pluralismo nella scuola;
• Spingono i docenti a modificare la propria programmazione, elaborata sulla realtà concreta della classe, piegandola invece all’addestramento ai quiz

Per giungere alla conclusione della “NON ADESIONE alla rilevazione degli apprendimenti INVALSI per l’anno scolastico 2010/2011”.

Fantastico. Se c’è un malato, buttiamo via il termometro: lo strumento non ci piace e ci da ansia. Ovviamente senza proporre nulla in sua vece. Né di meglio, né di peggio.

Perché? Lo dico a chiare lettere ancora una volta: la nostra scuola non vuol farsi giudicare. Da niente e da nessuno.

Sono tutte scuse. Quelle dell’ansia in particolare rasenta il ridicolo e quella secondo la quale gli insegnanti sarebbero spinti a modificare la propria programmazione piegandola invece all’addestramento ai quiz mi sembra addirittura offensiva per la professione. Ed è tipica del classico pensiero dei furbetti all’italiana:”studiamo meno, ma vediamo come fregare il prossimo preparando i quiz”. Complimenti ai Cobas!!!

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6 risposte a La scuola ha la febbre? Buttiamo via il termometro!

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  3. Silvia ha detto:

    Aggiungo che , dopo tutte le diatribe (per usare un termine forbito), sulla necessità o meno di festeggiare l’Unità d’Italia…udite udite IL 18 MARZO E’ STATO INDETTO UNO SCIOPERO DEL PERSONALE DELLA SCUOLA (dall’ANIEF, organizzazione sindacale di cui francamente non conoscevo l’esistenza). Per inciso questo sciopero, di cui mi premuniro’ di raccogliere i dati sull’adesione, porterà in automatico alla riduzione del servizio scolastico (a prescindere dal fatto che gli insegnanti di scuole primarie e di infanzia aderiscano o meno), come spiego nella lettera pubblicata su gpsmogliano.com….. E VIVA L’ITALIA!!!!

    • frz40 ha detto:

      E te pareva!!!! Proprio il 18 marzo dovevano scegliere.

      Posso solo augurar loro che piova e tiri vento per tutta la durata del ponte, 17 marzo escuso, ben inteso.

  4. Silvia ha detto:

    dimenticavo di puntualizzare: il 17 marzo le scuole resteranno giustamente chiuse per festa nazionale….e il 18 (almeno quelle d’infanzia e primarie del mio circolo) almeno mezza giornata ….per sciopero ANIEF

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