Una quindicina di giorni fa mi aveva colpito questo articolo a firma Giovanni Belardelli, per il Corriere:
“Non fate più copiare gli studenti”
L’educazione alla legalità comincia proprio con i valori della scuola
Iniziava con queste parole:
In questi giorni un gruppo di insegnanti e presidi va raccogliendo adesioni in calce a un appello che invita quanti saranno commissari e presidenti di commissione negli esami di terza media o di maturità a non «chiudere un occhio» se qualcuno copia e a non «fornire ai propri allievi traduzioni o soluzioni» durante lo svolgimento delle prove d’esame.
Si tratta di un appello (si veda il testo in sul sito gruppodifirenze.blogspot) che sarebbe pleonastico nella maggior parte dei Paesi europei. E ancor più risulterebbe superfluo negli Stati Uniti, dove gli studenti universitari, nei loro «codici d’onore», s’impegnano non solo a non copiare ma – fatto per noi inconcepibile – a denunciare chi copia.
Ma certo pleonastico non è in Italia, dove non sono rari i casi di insegnanti che fanno proprio le due cose appena citate: tollerano che si copi o addirittura forniscono loro stessi un «aiutino» agli studenti. Il fatto è che nella nostra cultura il copiare a scuola è spesso considerato come qualcosa di lecito, perfino come un atto di altruismo (da parte di chi fa copiare), mentre di solito percepiamo poco o nulla quanto simili comportamenti penalizzino l’equità e il merito, che richiedono il rispetto di regole certe nella valutazione di ciascuno.
Leggo oggi quest’altro articolo, sempre sul Corriere, a firma Lorenzo Salvia
“Farai copiare all’esame? Solo 1 su 3 dice no”
Fa riferimento ad un sondaggio di Skuola.net e dice:
E’ il vero domandone dell’esame di maturità. Perché non riguarda la preparazione del candidato in italiano o in matematica ma il suo carattere, la sua personalità, la sua visione del mondo.
“Passerai il compito al tuo vicino se te lo chiederà?” I maturandi dell’annata 2011 sembrano generosi con tendenza al cameratismo: due su tre sono pronti a far scivolare il foglio sotto il banco, ma con qualche differenza. Nel dettaglio: il 35,2% non ha dubbi e sceglie la risposta più netta: “Sì, è da infami non passare” mentre un’altra fetta poco più grande (il 37%) è tendenzialmente favorevole ma già pronta al distinguo: “Forse, ma dipende da chi me lo chiede”. E i contrari? Sono una minoranza, il 27,9%, e soprattutto si tirano indietro non perché copiare è sbagliato ma solo perché “ho troppa paura di essere scoperto”.
Ne sondaggio Skuola.net chiede anche come sono andate le cose anche con i compiti in classe durante l’anno.
Qui si copia ancora di più. Solo un ragazzo su dieci (il 12%) dice di non averlo fatto mai. La fetta di quelli che passano il compito solo ai simpatici resta più o meno uguale (36,5%) mentre quelli che aiutano “sempre chiunque” superano il 50%. “Non bisogna essere ipocriti – dice Daniele Grassucci di skuola.net – ogni studente almeno una volta nella vita, in preda alla disperazione, ha copiato. La paura e l’ansia da maturità giocano brutti scherzi agli studenti che quindi cercano di organizzarsi”.
Ma non è l’unico problema. Il sondaggio chiede anche se, durante l’anno, il professore li ha mai pizzicati a copiare. “Non mi sono mai fatto scoprire” dicono tre su quatto, mentre il 19,2 è stato sì beccato ma dopo una ramanzina tutto è continuato come prima. Solo nel 6% dei casi l’insegnante ha abbassato il voto e nel 2% ritirato il compito.
Insomma, che dire? L’Italia dei furbetti incomincia proprio a scuola.
I due articoli (LINK) per Giovanni Belardelli e (LINK) per Lorenzo Salvia