Leggo:
“Il debito pubblico sta per raggiungere duemila miliardi di euro: dal novembre 2011, dalla nascita del governo Monti, è cresciuto di cinquanta, mentre la spesa pubblica restava immutata e la pressione fiscale saliva vertiginosamente, i consumi crollavano e, con essi, il Pil. Lo spread è schizzato oltre 500 punti. Il fallimento è tutto di matrice nazionale; ed è velleitario pensare che a scongiurarlo sia l’Europa unita.”
“Monti cerca di non allarmare l’opinione pubblica interna e di non fornire argomenti alla speculazione esterna. Parla di «pericolo di contagio» (spagnolo); invoca un’unità salvifica dell’Europa — molto costruttivista, tecnocratica, e scarsamente democratica — che pochi vogliono. Prigioniero del «dispotismo burocratico-amministrativo», scarica su un «nemico esterno», la speculazione internazionale contro l’euro, la responsabilità della crisi.”
Così Piero Ostellino sul Corriere del 25 maggio. Dice ancora:
“La crisi è strutturale. Il Paese è in declino di suo [..] Monti — che una parziale riduzione della spesa pubblica sta (lodevolmente) sta realizzando, attraverso un complesso controllo burocratico (spending review) — continua a promettere «sviluppo e crescita». Ma non spiega, né si vede, come potrebbe realizzarli con una politica fiscale recessiva, l’alto livello di burocratizzazione del Paese, un sistema giudiziario lento e irrazionale, e senza fare riforme che allentino l’invasività della sfera pubblica sulla produzione privata di ricchezza”
Condivido e ve lo segnalo: l’articolo completo lo trovate QUI.
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