Povere donne afghane, la vedo dura.

 

La vicenda di Malala Yousafzai, giovane studentessa della regione di Swat, in Pakistan , al confine con l’Afghanistan, è  di quelle che fanno molto pensare.

Dal 2003 al 2009 i talebani ebbero il controllo di Swat e, come sempre, imposero le loro leggi alla popolazione locale. A Malala Yousafzai e alle sue compagne, in particolare, fu vietato di proseguire la scuola, in quanto donne, secondo le regole della sharia. Lei, 11enne nel 2009, scrisse un diario online per la Bbc e raccontò, sotto pseudonimo, la sua vita di studentessa. «Avevamo paura che ci gettassero addosso l’acido o che ci rapissero. Quei barbari erano capaci di qualunque cosa. Perciò evitavamo di indossare la divisa scolastica, portavamo abiti normali per non dare nell’occhio, nascondevamo i libri sotto lo scialle». Anche dopo che i talebani furono sconfitti e che, a fine 2009 dovettero lasciare Swat, Malala non smise di combattere la sua battaglia per  i diritti civili, rivendicando, anche in tv,  il diritto allo studio di tutte le donne.

Alcuni giorni fa un uomo barbuto ha sparato due colpi di pistola alla ragazzina, ora 14enne, all’uscita della scuola, colpendola alla testa e al collo. L’attentato è stato rivendicato dai talebani pachistani: «L’abbiamo attaccata perché diffondeva idee laiche fra i giovani e faceva propaganda contro di noi. Oltretutto, considerava Obama il suo idolo» e «Non la risparmieremo», ha detto il portavoce dei talebani Ehsanullah Ehsab, intervistato dalla Bbc.

Malala è stata soccorsa, è viva e pare che se la caverà, anche se non sono noti i possibili danni al sistema neurovegetativo e al cervello.

Ma quali sono le regole dell’integralismo islamico talebano?

Ce le presenta Khaled Hosseini nel suo bellissimo “Mille splendidi soli” (Piemme, 2007) , del quale ho parlato qui.

Quando nel 1996, con il beneplacito degli americani, i talebani conquistarono il potere in Afghanistan per mantenerlo fino al 2001 (data di inizio dell’operazione Enduring Freedom , che prosegue tutt’ora, anche con il contributo delle nostre truppe), “Kabul fu invasa dai camioncini rossi che scorrazzavano per le strade, carichi di uomini barbuti in turbante nero. Su ogni pick-up, un altoparlante trasmetteva annunci a tutto volume, prima in farsi e poi in pashtu. Lo stesso messaggio risuonava dall’alto delle moschee e veniva trasmesso alla radio, che ora si chiamava La Voce della Sharia. Il comunicato era scritto anche su volantini che venivano lanciati per le strade”. Diceva:

Il nome del nostro watan è ora Emirato Islamico dell’Afghanistan. Queste sono le leggi che noi applicheremo e alle quali siete tenuti a obbedire.

Tutti i cittadini devono pregare cinque volte al giorno. Se durante l’ora della preghiera verrete sorpresi in altre attività, sarete bastonati.

Tutti gli uomini devono portare la barba. La lunghezza prescritta è di almeno un palmo sotto il mento. Se non vi conformerete a questa disposizione, sarete bastonati.

Tutti i ragazzi devono portare il turbante. Gli scolari delle scuole elementari porteranno il turbante nero, quelli delle scuole superiori bianco. Tutti gli studenti devono indossare abiti islamici. Le camicie devono essere abbottonate sino al collo.

È proibito cantare. È proibito danzare. È proibito giocare a carte, giocare a scacchi, giocare d’azzardo e far volare gli aquiloni.

È proibito scrivere libri, guardare film e dipingere.

Se tenete in casa dei parrocchetti, sarete bastonati e i vostri uccelli verranno uccisi.

Se rubate, vi sarà tagliata la mano al polso. Se tornate a rubare vi sarà tagliato il piede.

Se non siete musulmani, non dovete praticare la vostra religione in luoghi dove potete essere visti da musulmani. Se disubbidite, sarete bastonati e imprigionati. Se verrete sorpresi a convertire un musulmano alla vostra fede sarete giustiziati.

Donne, attenzione:

Dovete stare dentro casa a qualsiasi ora del giorno. Non è decoroso per una donna vagare oziosamente per le strade. Se uscite, dovete essere accompagnate da un mahram, un parente di sesso maschile. La donna che verrà sorpresa da sola per la strada sarà bastonata e rispedita a casa.

Non dovete mostrare il volto in nessuna circostanza. Quando uscite, dovete indossare il burqa. Altrimenti verrete duramente percosse.

Sono proibiti i cosmetici. Sono proibiti i gioielli. Non dovete indossare abiti attraenti.

Non dovete parlare se non per rispondere.   Non dovete guardare negli occhi gli uomini.

Non dovete ridere in pubblico. In caso contrario verrete bastonate.

Non dovete dipingere le unghie. In caso contrario vi sarà tagliato un dito.

Alle ragazze è proibito frequentare la scuola. Tutte le scuole femminili saranno immediatamente chiuse. Se aprirete una scuola femminile sarete bastonati e la vostra scuola verrà chiusa.

Alle donne è proibito lavorare.

Se vi renderete colpevoli di adulterio, verrete lapidate.

Ascoltate. Ascoltate con attenzione. Obbedite.

Come dicevo l’operazione Enduring Freedom, nata in reazione ai fatti dell’11 Settembre 2001, non senza motivi economici, ha, per ora, liberato l’Afghanistan dall’oppressivo regime talebano e, da 11 anni,  sta tentando di riportare una democrazia stabile in quel Paese.

Saranno così definitivamente  tutelati i diritti civili per i quali combatte Malala? Parrebbe di no. E’ con angoscia che leggo l’articolo di Gianadrea Gaiani per Libero dell’11 Ottobre scorso, che titola: “ I talebani annunciano: in Afghanistan abbiamo vinto – Abbandonate 500 basi (su 800) delle forze internazionali. Dopo 11 anni il governo locale non controlla il territorio e gli integralisti avanzano su tutti i fronti” e dice:

«Stanno fuggendo dall’Afghanistan con un’umiliazione e una vergogna tali da rendere difficile trovare giustificazioni. Coloro che hanno invaso la nostra terra con slogan e teorici obiettivi ora corrono a mettersi in salvo e ad annunciare il ritiro anticipato delle truppe a causa della martellante jihad dei mujaheddin afghani».

I talebani hanno celebrato con questa frase l’undicesimo anniversario dall’inizio dell’operazione Enduring  freedom [..] in Afghanistan, dove il progressivo ritiro delle truppe alleate sta già creando molte difficoltà alle forze governative, incapaci persino di gestire le carceri. La cosiddetta transizione avviene troppo presto e troppo in fretta per non apparire una fuga: su 800 basi e postazioni presidiate dalla Nato 500 sono state già abbandonate. Metà cedute agli afghani e metà distrutte coi bulldozer (costate tra 1 e 20 milioni di dollari ognuna) per non lasciarle al nemico.

La fuga da Kabul potrebbe accelerare rispetto alla data prevista di fine 2014, come ha ammesso il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, […] ma di rischio di tracollo del Paese parla il rapporto dell’International Crisis Group (Icg) ricordando che all’offensiva talebana nel 2014 si aggiungeranno nuove elezioni presidenziali e paventando il collasso delle forze di sicurezza. Ancora più pessimista Gilles Dorronsoro, esperto di Afghanistan per Carnegie Endowment for International Peace, per il quale «il ritiro è il risultato di una strategia fallimentare» e «dopo una nuova fase di guerra civile, seguirà una probabile vittoria dei talebani».

L’Occidente non riesce più a combattere guerre prolungate neppure se a bassa intensità. Società e leadership non reggono i costi di un conflitto combattuto sul terreno. Né quelli finanziari né i 3.300 caduti in 11 anni di guerra afghana (2.134 statunitensi), perdite appena superiori al numero di persone uccise dai terroristi l’11 settembre 2001 e certo sopportabili sul piano militare per i 4 milioni di militari delle forze della Nato.  Nonostante la nostra superiorità tecnologica fuggiamo davanti a guerriglieri spesso armati solo di kalashnikov che fabbricano bombe utilizzando fertilizzanti o svuotando l’esplosivo dai vecchi proiettili d’artiglieria sovietici. Miliziani che si stima abbiano perduto in 11 anni oltre 70 mila combattenti senza   mai parlare di resa o di ritiro.

Povere donne afghane, la vedo dura per loro, e anche per noi.

—…—

Sono stati di riferimento per questo articolo:

Il Corriere : Quattordicenne sfida i talebani

Libero: L’articolo di Gianadrea Gaiani

Wikipedia La Storia dell’Afghanistan

 

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7 risposte a Povere donne afghane, la vedo dura.

  1. icittadiniprimaditutto ha detto:

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  2. liù ha detto:

    Angosciante ,semplicemente angosciante leggere quella specie di comandamenti per uomini e donne!!
    Non so e no posso dire altro se non che gente con simili idee dovrebbeo scomparire dalla faccia della Terra!
    Un caro saluto,buona domenica!
    liù

  3. Monique ha detto:

    Quando leggo queste cose mi risulta proprio difficile credere che si tratti semplicemente di un’altra “cultura”. E che razza di cultura sarebbe quella che soffoca l’essere umano, che impone, che ricorre alla violenza, che lede diritti fondamentali e considera le donne oggetti di cui disporre a piacimento?
    Sarò drastica, ma non vedo possibilità di integrazione o miglioramento. E non si tratta di imporre la mentalità occidentale, perchè qui non si tratta di stili di vita, ma di rispetto.

  4. quarchedundepegi ha detto:

    È questa una situazione veramente terribile dove si riesce a vedere quanto l’uomo-maschio che pretende di stare al potere manchi di un minimo di vera intelligenza.
    La componente peggiore che dipende da noi è che, se non riuscissero più a vendere l’oppio non potrebbero più far la voce grossa.

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