Andare a scuola nella violenza

Ci sono foto che valgono più di un romanzo
.
Questa (fate clic per ingrandirla) ritrae una ragazzina palestinese, al campo di Choufat.

Sta andando a scuola. Lo sguardo è fisso e concentrato perché la paura le attanaglia lo stomaco: deve affrettarsi.

Il lancio di sassi è stato sospeso per qualche istante per consentirle di passare. Poi riprenderà.

Foto: Ammar Awad/Reuters per Le Figaro

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9 risposte a Andare a scuola nella violenza

  1. vincenzo ha detto:

    La guerra o la guerriglia (gli”esperti” ora la chiamano “guerra asimmetrica”) é la condizione più terribile che possa accadere all’umanità.
    Qualsiasi nefandezza viene “giustificata” da questa condizione che sospende ogni freno inibitorio.

    Quella foto è, per certi versi, particolarmente straziante per i contrasti che propone.

    La comparsa di una bambina in cotanta situazione sembra fermare il tempo… un filo sottilissimo di resipiscenza umana ferma i contendenti……
    “allora avete capito che c’è un domani?”
    Quella bimba rappresenta il domani
    …infatti và a scuola…..per imparare…per diventare grande…. per prepararsi alla vita.
    Forse un pensiero alla propria famiglia …. a qualche tenerezza oramai lontana…

    Chi s’è fermato, penso io, forse queste cose le ha pensate……poi l’angelo è passato ed ogni fantasia sparisce…di colpo il tempo và di nuovo avanti…torniamo ad ammazzarci!

    Che tristezza!
    Vincenzo

    • frz40 ha detto:

      E’ vero: che tristezza!

      Eppure quella bimba che passa in mezzo a tanta violenza, con la borsa della scuola sulle spalle, ci apre il cuore ad un po’ di speranza.

  2. elisabetta ha detto:

    La foto che hai pubblicato mi ricorda quella che ha fatto il giro del mondo nel lontano 1989 quando nella Piazza Tienanmen di Pechino davanti ad una colonna di carri armati in movimento , si è parato sull’attenti un ragazzo, aveva una camicia bianca e pantaloni neri e nelle mani teneva due sacchetti del supermercato.
    Quel ragazzo non è mai stato identificato e nessuno sa che fine abbia fatto, ma egli è rimasto l’eroe e il simbolo di quella Piazza e la sua foto è il miglior ricordo di quel massacro che ha visto l’uccisione di migliaia di studenti.

    E sì, a volte basta una foto.

    Sono le foto che, anche se terribili e cruente come quelle dei campi di concentramento o dei reportage di guerra, oppure più dolci ma non meno significative come quella del tuo post e dell’omino in bianco e nero davanti ai carri armati, che non ci permetteranno di dimenticare un periodo tristemente storico e devono soprattutto sensibilizzare coloro che ancora credono nell’odio e lo nutrono nei loro cuori.

    Ma io sono una romantica e una utopista…. So che la sensibilità e l’amore si trova sempre e solo del cuore dei deboli e degli indifesi …..

    eli

  3. paola ha detto:

    Vincenzo, mi piace sempre tanto quello che scrivi!

  4. vincenzo ha detto:

    Grazie Paola,
    Il tuo complimento mi ha fatto tanto piacere.
    Anche se non ti conosco, come nel caso di
    Elisabetta, condividere certi pensieri..certe sensazioni… vuole dire avere sensibilità in comune…é veramente tanto!
    Un abbraccio particolare a tutte e due.
    Vincenzo.

  5. marisamoles ha detto:

    Vedere quella foto e leggere i vostri commenti mi ha riportato alla memoria il “sacrificio” di un amico, Marco Luchetta, giornalista della sede Rai di Trieste, inviato a Mostar per un servizio sui bambini che vivevano la tragica esperienza della guerra in Bosnia.

    Era il 28 gennaio 1994 e Marco, insieme a due operatori, è morto per salvare un bambino, Zlatko, perché potesse avere un futuro.
    La moglie di Marco, Daniela, ha fondato una Onlus e, grazie alla generosità di tanti, ha potuto aprire una casa famiglia in cui ospita i bambini malati, provenienti dalle zone di guerra, che vengono curati all’Ospedale Infantile Burlo Garofalo di Trieste.

    Marco aveva due bambini, Carolina e Andrea, che hanno perso un padre-eroe ma che non gli hanno mai “rinfacciato” di essersi sacrificato per salvare un altro bambino.

    Se a qualcuno fa piacere, può leggere qui

    Vorrei che i bambini non fossero più vittime dei conflitti insensati causati da uomini che non riescono a trovare pacificamente una soluzione alle loro divergenze, uomini spesso assetati di potere che rincorrono un prestigio personale calpestando la dignità di persone innocenti. Vorrei che i padri tornassero a casa dai figli, invece di morire sotto le bombe.

    Marisa

  6. vincenzo ha detto:

    Mi associo al commento di Frz. E’ una drammatica bellissima storia. Grazie Marisa!

    In effetti la cosa più straziante è pensare alle sofferenze dei bambini che, vittime inconsapevoli, si trovano e soffrono ogni genere di privazioni nel continuo terrore e alla mercè di tutti….con la vita affidata al capriccio del caso…esposti ed indifesi davanti agli eventi.

    Quando anche tutto l’orrore dovesse finire i sopravissuti porteranno dentro di sè le ferite morali, quando non anche fisiche, per tutta la vita.
    Maledetto sia chi darà scandalo a questi innocenti!
    Con queste parole terribili e definitive un Dio d’amore ha giudicato e condannato senza appello i responsabili dell’infanzia violata!

  7. marisamoles ha detto:

    @ frz e Vincenzo

    Grazie a voi che dimostrate tanta sensibilità nei confronti della “mia” storia.
    Ricordandola, scrivendo il mio commento e rileggendolo, vi confesso che ho le lacrime agli occhi.

    Tuttavia, consola il fatto che qualche bambino abbia un angelo protettore, in questo caso tre: Marco, Alessandro e Dario. Molti non ne hanno, purtoppo.

    Poi, non dovremmo dimenticare i bambini-soldato, costretti ad imbracciare le armi senza nemmeno capire il perché, ammesso che ci sia una logica da comprendere. ma su questo argomento ci vorrebbe un altro post.

    Buona giornata.

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