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Ho l’impressione che la “vera” felicità, cosa che non credo di avere mai provato, non possa coesistere con la “soddisfazione ” di vedere impazzire qualcun altro … mi sembra piuttosto riduttivo e meschino.
Penso che la vera felicità, cioè quello stato in cui non si dovrebbero provare “ombre” di alcun genere per nessun motivo e verso nessuno, e che probabilmente non esiste, dovrebbe essere estranea a qualsiasi forma di soggettivismo egoistico … forse appartiene più allo stato di grazia provato da santi o anacoreti.
Per noi, persone ahimè piuttosto concrete e immerse in un mondo altrettanto concreto, la felicità è probabilmente più una “tendenza” che una condizione.
Vincenzo
Non mi pare che il senso della frase sia quello di far coesistere la felicità con la “soddisfazione ” di vedere impazzire qualcun altro “.
Io l’ho interpretata come pura constatazione di quanto succede spesso alle persone invidiose: impazziscono nel vederti felice, nonostante un torto che puoi aver subìto.
Al di la di queste diverse interpretazioni mi pare che spesso la felicità sia anche fatta di poche povere cose, senza pretendere di ricercarla come stato assoluto. Insomma, accontentiamoci delle nostre piccole gioie, che son già molto.
Scusa, ma quando si titola con la frase: “La migliore vendetta …..etc. etc. è sottinteso il godimento di destare invidia se no cosa c’entra il termine vendetta? …Mica me lo sono inventato io!
Vincenzo
Perdonami, ma mi permetterei di insistere.
Per capire il senso di un’affermazione, qualche volta aiuta chiedersi quale sia stata la domanda sottostante. Nella mia interpretazione del pensiero della Merini la domanda é: qual’è la vendetta che più fa impazzire la gente? Risposta: la felicità dell’offeso (nonostante il torto subito).
Nella tua interpretazione?
Dubito, inoltre, che la Merini abbia voluto esprimere un concetto che sarebbe, come dici tu, piuttosto riduttivo e meschino,
In ogni caso è proprio vero: ognuno di noi, io per primo, legge quel che vuol leggere, vede solo quel che vuol vedere e sente solo quel che vuol ascoltare. Ma il mondo è bello forse proprio per questo.
Un abbraccio.
Scusa, ma proprio perchè la Merini si pone la domanda “qual è la vendetta che più fa impazzire la gente ?…. non si può consequenzialmente non dedurre che l’obbiettivo sia quello del tipo di vendetta.
Il termine “vendetta” presuppone consapevolezza di una volontà di provocazione in risposta di chissà quale offesa.
Quindi essere felici ugualmente, malgrado il torto subito, secondo la Merini, costituirebbe la migliore forma di vendetta.
Pertanto ella fa convivere la felicità con la meschina soddisfazione di prendersi la vendetta.
Secondo me una felicità che trova spazio nella consapevolezza di costituire un dispetto reso a terzi io non la chiamerei “felicità”…… sarà soddisfazione … successo ….ma non felicità.
Vincenzo
Se “vendetta” ha da essere, il dispetto reso a chi ti ha offeso non può mancare, se no che vendetta è?
La felicità in ogni caso precede il momento di verifica della reazione altrui,
Comunque ci siamo capiti. Buon week end.
complimenti per l’esercizio del cosiddetto spirito critico.
anch’io sono convinto che la felicità non può mai costituire volontariamente motivo di vendetta, specie facendo impazzire qualcuno.
Se l’aforisma è veramente di Alda Merini (vorrei sapere in quale opera o in che occasione l’ha detto) è veramente “infelice”.
Nino.
o forse il senso, più semplicemente,
è: non cercare la vendetta, non ne vale la pena, se sei felice è come se la avessi già ottenuta, lo vedo, contrariamrente a come lo interpreti, un messaggio di serenità. e poi, per capire le frasi della gente bisognerebbe conoscerne la vita.
Hai perfettamente ragione: è praticamente impossibile capire il vero senso di una frase senza conoscere quel che l’ha originata. Ma quel che importa è come ognuno di noi l’ha percepita in quel momento, spesso con mille sfumature diverse o, talvolta, anche significati opposti.
Benvenuta e grazie del commento.
Se la felicità precedesse il momento di verifica della reazione altrui essa sarebbe del tutto indipendente dalla vendetta, sconfessando così l’assunto dove sostiene che la miglior vendetta è la propria felicità vista dalla gente.
Ma, con più semplice concetto, credo che se uno è realmente felice non sente il bisogno di destare invidia.
Esausto, auguro un ottimo week end.
Vincenzo
Scusate se mi intrometto per dare la mia personale interpretazione dell’aforisma. Secondo me non significa che, avendo subito un torto, si cerchi consapevolmente la vendetta e che la si trovi nell’ostentare la felicità a chi ci ha offeso. Molto più semplicemente, sempre a parer mio, la Merini voleva dire che, anche se non la si cerca, la vendetta – io ci metterei, però, le virgolette – arriva nel momento in cui il nostro “nemico” constata che noi siamo felici.
In altre parole, la “vendetta” sarebbe qualcosa che non ne ha effettivamente la valenza ma che viene interpretata come tale. Come dire: chi ci vuole bene condivide la nostra felicità, chi non ci ama vede nella nostra felicità, in qualche modo, uno strumento che fa “impazzire”, quindi di offesa, che può essere interpretato come una vendetta, anche se non cercata.
Non so se sono stata chiara …
Anch’io l’ho letta ponendo l’accento sulla parola felicità più che risultato della vendetta. Come se avesse detto: “Sii comunque felice, non ti curar di loro ma guarda e passa. Non cercare la vendetta. La tua felicità, di per sé, è già il miglior strumento che farà impazzire chi ti vuol male”
E’ con questa chiave di lettura che l’ho apprezzata e pubblicata.
Cara Marisa, benvenuta.
Ognuno interpreta uno scritto basandosi sugli stimoli e riflessioni indotte dalle parole, dai concetti espressi o suggeriti, o da collegamenti emotivi e/o razionali che soggettivamente nascono e vengono elaborati dalla propria cultura, esperienze e sensibilità.
Frz, con altre parole naturalmente, conferma questo concetto quando scrive testualmente che
“ognuno di noi, io per primo, legge quel che vuol leggere, vede solo quel che vuol vedere e sente solo quel che vuol ascoltare”
Il concetto è chiaro anche se non condivisibile nella sostanza perchè espresso in tal modo implicherebbe una volontà aprioristica e non oggettiva nella ricerca delle risposte, il che di per sè negherebbe la “neutralità intellettuale ed il rigore nella consequenzialità delle conclusioni” …ma questo è un altro discorso che con ogni probabilità va oltre quello che Frz intendeva dire.
Cara Marisa, la tua interpretazione dello scritto della Merini fa parte di una delle infinite interprertazioni che se ne potrebbero ricavare.
A questo punto citerei la frase di Jean Paul Marat:
“datemi un qualsiasi scritto ed io riuscirò a fare condannare chiunque”.
Buone vacanze a te ed a tutti
Vincenzo
@ frz
Almeno su questo siamo d’accordo! 🙂
@ Vincenzo
Mah, non sarei tanto dell’idea che «Ognuno interpreta uno scritto basandosi sugli stimoli e riflessioni indotte dalle parole, dai concetti espressi o suggeriti, o da collegamenti emotivi e/o razionali che soggettivamente nascono e vengono elaborati dalla propria cultura, esperienze e sensibilità». Io per “mestiere” devo interpretare i testi, letterari e non. Guai se mi lasciassi condizionare dalla mia cultura o dalle esperienze o dalla mia sensisbilità. Insomma, non posso interpretare soggettivamente ciò che leggo assieme ai miei studenti, anzi, insegno loro ad interpretare i testi prima di tutto contestualizzandoli e, in secondo luogo, leggendoli alla luce di ciò che sappiamo su chi li ha scritti.
In questo caso, ammetto che non ho mai approfondito lo studio della Merini quindi la mia interpretazione, pur oggettiva e non soggettiva, potrebbe anche non essere corretta. Ma il mio vissuto, credimi, non mi ha minimamente influenzata per due motivi: la vendetta
non fa parte del mio essere e per me la felicità è qualcosa di sfuggevole e non una condizione permanente … insomma, sono molto leopardiana. 😦
Buone vacanze anche a te.
Cara Marisa,
Forse non mi sono spiegato ma mi pare impossibile, quando si legge una scritto o si discute di qualcosa prescindere dalla personale cultura e dalla propria sensibilità.
Quando insegni la tua cultura non ti è di supporto? La tua sensibilità non ti aiuta? Le tue esperienze
di insegnamento non ti hanno maturato?…
L’interpretazione dei testi prescinde da tutte queste cose?
Si può uscire da sè stessi a tal punto? Quando insegni la tua personalità va a nascondersi? Se fosse così …. Perchè?
Sapresti spiegarmi perchè ad una certa età quando si legge Catullo in aula molti studenti si emozionano?
Forse perchè loro stessi sono presi emotivamente dalla poesia? O perchè la materia è stata contestualizzata?
Buone vacanze
Vincenzo
Per rispondere alle tue domande, se parliamo di interpretazione, quindi di esegesi, sì. Per il resto, è evidente che quando insegno la mia cultura e le mie esperienze, sul campo o meno, mi sono di supporto. Ma qui stiamo parlando di interpretazione. Anche Catullo viene spiegato partendo da questi presupposti; se poi gli allievi si emozionano (a me, però, non è mai sembrato 😦 ) è perché, al di là dell’esegesi, scatta il processo di immedesimazione …. chi non ha mai sofferto per amore?
Ad esempio: povero Luca Marin !!!!
Avevo pensato di replicare ma alla fine saremmo andati off topic e io avrei scritto un post più che un commento. Quindi … ho scritto un post davvero. 🙂
Comunque, Marin ha tutta la mia comprensione.
E’ evidente che parliamo di interpretazione e solo di interpretrazione!
Le mosse di tutto questo scambio di opinioni non partivano appunto da interpretazioni discordanti sull’aforisma della poetessa Alda Merini?
Se in tutta la tua carriera nessuno dei tuoi allievi si è mai emozionato credo che sarebbe utile rifletterci.
Tu, mi permetto chiederti, non ti sei mai emozionata davanti a quei versi? ….Io si, e non ero l’unico.
Ancora oggi qualche verso mi frulla ancora nella memoria e … mi emoziono.
Forse anche il mio professore si emozionava
Chi non ha mai sofferto per amore?
…mi pare che lei di mestiere faccia soprattutto il bastian contrario…..
Caro Vincenzo,
apparteniamo ad altre generazioni, purtroppo! I giovani d’oggi sono molto più disincantati e ti assicuro che non conta la passione o il trasporto con cui si leggono i versi d’amore in classe.
Però un piccolo successo l’ho ottenuto, lo scorso anno, e sono riuscita a far parlar d’amore i ragazzi … per iscritto perché a voce è tutto molto più complicato. 😦
Se vuoi, leggi QUI http://marisamoles.wordpress.com/2010/06/08/gli-adolescenti-e-lamore-come-ci-si-innamora-bella-domanda/